venerdì 29 maggio 2015

domani, niente

All'assemblea di mercoledì,

era stata approvata la partecipazione di SGST alle manifestazioni di dissenso che probabilmente saranno organizzate in occasione della visita del Presidente Renzi al Festival dell'Economia.

I tempi troppo stretti non ci hanno consentito purtroppo un'adeguata organizzazione e diffusione delle informazioni: per evitare che l'improvvisazione renda la nostra presenza poco numerosa e poco efficace o addirittura controproducente, preferiamo rinunciare all'iniziativa.

Certi che capirete, ce ne scusiamo con tutte/i voi.

giovedì 28 maggio 2015

rassegna stampa dell'assemblea

Il servizio di RTTR sull'assemblea di ieri al minuto 12.40
http://www.radioetv.it/rttr/programmi/item/29-rttr-notizie#monitor



Il Trentino

Scuola, salvi gli scrutini in Trentino 

In attesa delle decisioni delle altre sigle, la Fenalt esclude lo sciopero: «Ma le riforme di Renzi e Rossi non ci piacciono»

TRENTO. Gli Stati generali della Scuola Trentina non aderiranno allo sciopero degli scrutini, preferendo una serie di flash mob finalizzati alla sensibilizzazione per la criticità del momento vissuto dalla scuola trentina. Nei confronti della riforma Rossi, la contrapposizione è decisa e parte da una constatazione: «Il presidente Rossi ha recentemente dichiarato che la scuola trentina, va oltre la “buona scuola” di Renzi. Per lui è una soddisfazione, ma per noi invece una serie preoccupazione». 
Prima di tutto perché la scuola si appresta ad un cambiamento epocale dal quale secondo la Fenalt, è stato completamente escluso il corpo docente. «Una riforma di questa portata sarebbe dovuta partire dal basso e non imposta dall'alto come invece è successo sia a livello governativo che locale».
Considerazioni espresse ieri nel corso dell'assemblea promossa dagli Stati Generali della Scuola dove è stata messa in discussione anche la nuova figura che andrà ad assumere il preside al quale è stata concessa troppa discrezionalità nelle scelte. Il problema è che dopo un colloquio individuale, sarà solamente il preside a decidere l'eventuale assunzione di un supplente. Un potere decisionale che fa temere che molti insegnanti «non mantengano la schiena dritta, pur di avere l'incarico». Contestata anche l'acclamata stabilizzazione dei precari che prima di tutto non riguarda l'intero numero, ma solo una parte che andrà a essere contrattualizzata con un accordo triennale: «Ci domandiamo cosa succederà dopo a tutti questi insegnanti interessati solo – si è chiesto Nicola Zuin della Fenalt – da una soluzione temporanea. Il problema è che anche a Trento è passato il concetto renziano che la scuola produca studenti, tralasciando che invece li dovrebbe formare».
Valutazione negativa anche per la scuola-lavoro, perché un impegno esterno di duecento ore non rientra più in un concetto di apprendimento, per confluire invece di una sorta di occupazione part time «inaccettabile a titolo gratuito, come invece previsto dalla riforma». Contestazione per la parificazione della scuola privata a quella pubblica che di fatto toglie risorse economiche agli istituti statali che si aprono al finanziamento privato: «Il dubbio che ci viene è quello che sicuramente non sarà un filantropo, ma il privato interverrà per interesse e quindi ci preoccupa molto la contropartita che andrà a richiedere. Questo aspetto affiancato a quello della troppa discrezionalità concessa ai presidi, metterebbe in discussione la libertà stessa dell'insegnamento. Se questa riforma fosse stata proposta in un paese nordico sarebbe un punto di forza, attuata in Trentino sarebbe destinata a creare solo danni e nulla di positivo e nel breve periodo, dovrà essere completamente rivista. Inaccettabile anche il termine massimo di settembre, fissato per la stabilizzazione degli insegnanti precari».
(d.p.)


Avevo un sogno: insegnare!


Avevo un sogno, insegnare. 
Mi si chiede una laurea: mi laureo. 
Mi si da la possibilità di iscrivermi nelle graduatorie per linsegnamento: mi iscrivo. E così inizio.
Imparo. Mi formo. Firmo registri, verbali. Faccio scrutini. Voto ai Collegi. Partecipo a Consigli. Licenzio centinaia di alunni facendo parte di commissioni desame. Insegno. Imparo. Mi appassiono. Faccio esperienza. 
Passano gli anni: tanti. Mi si dice che la laurea non basta. Eppure sono tra i primi della mia graduatoria, ma ogni anno sono chiamato come supplente, di nessuno: il posto è libero, vacante. 
Mi si chiede unabilitazione allinsegnamento. Costo 2.500 euro: li pago. A Verona: ci vado. Più di 1000 ore di lezione con frequenza obbligatoria: le faccio. 7 esami molti dei quali prevedono esame scritto, pratico, orale: li passo. Se mi bocciano due volte sono fuori: rimango. Colleghi bocciati, ritirati: resisto. Tesi finale per Esame di Stato: dopo 9 mesi - nel frattempo continuo ad insegnare - mi abilito. Efatta. Posso stare sereno. Il lavoro che amo. Un futuro più certo. Un domani meno precario.
Niente di più falso. Mi aspetta al varco un Ministro che affronta la situazione del precariato scaricando la colpa sui governi precedenti, colpevoli di avermi ILLUSO, di avermi venduto false speranze, di non aver rispettato la Costituzione avendo attivato percorsi abilitanti non indicendo concorsi. Me lavessero detto prima si trattava solo di uno scherzo. 
Io ci ho creduto: del resto i colleghi che prima di me si sono abilitati sono entrati in ruolo senza aver fatto nessun concorso.
Sciopero? Sciopero: il primo sciopero da docente. Sciopera l’80% del comparto scuola a livello nazionale: non succede niente. Il ddl passa alla camera: di noi ABILITATI all’insegnamento non si fa cenno se non per il concorso che, a quanto pare, dovremo affrontare. 
Non è finita. La Provincia, con deliberazione della Giunta provinciale del 12 maggio 2015 n. 764, approva il bando per l'inserimento nell'ulteriore fascia delle graduatorie provinciali per titoli del personale docente. Hanno diritto all'inserimento nell'ulteriore fascia esclusivamente gli aspiranti docenti che negli anni accademici dal 2009/2010, 2010/2011, 2011/2012, 2012/2013 e 2013/2014 hanno conseguito l'abilitazione allinsegnamento. Bene, ci siamo.  E invece no. Si può iscrivere solo chi si è abilitato frequentando i corsi di laurea in scienze della formazione primaria; i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID); il secondo e il terzo anno di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione  musicale delle classi di concorso 31/A e 32/A e di strumento musicale nella scuola media della classe di concorso 77/A. 
Ora mi domando: ma che cos’ha la mia abilitazione che non va? In cosa è diversa da chi si è abilitato con la SISS, o con la COBASLID? Ci sono abilitazioni di serie A e di serie B? 
Non sarebbe più semplice inserire TUTTI gli abilitati nelle GPT (graduatorie provinciali per titoli), chiamate GAE (graduatorie ad esaurimento) nel resto d’Italia, chiudendo così un ciclo messo in atto da decisioni di governi passati attivando la modalità del concorso per i nuovi aspiranti docenti? Solo così si darebbe la giusta dignità a tutte quelle persone che come me hanno dato alla Scuola, in questi anni, il proprio contributo sia dal punto di vista professionale che umano.  
Avevo un sogno, insegnare. Quel sogno c’è ancora, ed è per questo che continuerò a lottare.


I docenti delle discipline artistiche abilitati PAS - a Verona - della Provincia Autonoma di Trento

lunedì 25 maggio 2015

In riferimento alle procedure di diffida si SGST-Fenalt contro la PAT perché:


a) riconosca il valore abilitante del diploma magistrale ante 2002 e 

b) la quarta fascia recentemente istituita  possa essere accessibile a tutti coloro che hanno conseguito (o stanno per conseguire) l'abilitazione dopo che le GPT erano state chiuse.

comunichiamo che 

MERCOLEDI’ 27 maggio
si terrà un breve incontro con l’avvocato Osele 
in cui saranno chiariti i dettagli delle nostre azioni 
e saranno raccolte eventuali ulteriori adesioni.

Sollecitiamo pertanto gli interessati a non mancare.


La lotta in difesa della scuola

Anche in vista dell'ASSEMBLEA GENERALE DELLA SCUOLA TRENTINA di Mercoledì 27 maggio, copiamo qui sotto un interessante contributo al dibattito sulle prospettive della scuola e sulle possibili strategie per difendere e migliorare la scuola pubblica, pubblicato il 24.5 sul blog  Avanguardiedellastoria.


Che fare ora? Alcune riflessioni e proposte…

«Avanguardie della storia» nasce da un piccolo gruppo di lavoratori del settore «cultura e istruzione». Come si intuisce facilmente dal nostro blog e dalla nostra pagina Facebook ci siamo schierati senza se e senza ma contro il DDL scuola del governo Renzi, abbiamo anche condiviso le critiche al «progetto trilinguismo» voluto dalla giunta provinciale in Trentino. Ciascuno di noi ha partecipato individualmente, con sensibilità e modalità diverse, alle mobilitazioni e alle proteste che in queste ultime settimane hanno attraversato le piazze e le scuole trentine.
Proprio per questo riteniamo di dover spiegare il nostro punto di vista su quanto sta accadendo a tutti i docenti, i genitori, gli studenti e i cittadini che condividono questa lotta sacrosanta. Dopo lo straordinario sciopero del 5 maggio e il coraggioso sabotaggio di massa dei test Invalsi l’impressione è quella di un calo di forza delle proteste, come se una cappa depressiva stesse tornando ad immobilizzarci; temiamo vi sia soprattutto una dispersione di energie ed uno sbaglio di prospettiva strategica da parte di molti che partecipano al movimento con grande forza e dedizione. Crediamo occorra un «di più» di riflessione e approfondimento che ci pare sia fin ora mancato al movimento.
Vorremmo proporre tre piccole riflessioni , ricordando che l’occasione per una discussione pubblica aperta a docenti, studenti, genitori, ATA, cittadini attivi, ecc sarà possibile il giorno 27 Maggio a Trento, alle 15.00.
1) Bisogna credere in sé stessi, non nelle promesse elettorali. Temiamo che in troppi stiano riponendo troppe speranze nella sconfitta del PD alle regionali; temiamo che in troppi perdano troppo tempo nel fare “il tifo” per qualche discorso parlamentare (di gente la cui amicizia nei confronti della scuola è tutta da dimostrare).
Temiamo si stia compiendo il solito errore che ha segnato gli ultimi 20 anni (e forse più …) la storia di questo paese: cercare di trasportare sul piano meramente elettoralistico e parlamentare un malessere sociale senza trasformarlo in forza reale presente nella società, in strutture organizzate in grado di intervenire sui «processi molecolari» del vivere quotidiano in cui si riflette lo scontro tra noi e il potere.
Benché il voto possa spesso essere uno dei tanti strumenti utili, è bene ricordare che i risultati delle urne non cambiano di per sé la realtà sociale, piuttosto la fotografano. Sono i cambiamenti sul piano dei rapporti sociali a trovarsi riflessi nel voto.
Il campo di battaglia è e resterà la realtà concreta delle scuole, la realtà concreta dei rapporti che saprete costruire tra colleghi, ma anche tra insegnanti e altre categorie della scuola e del settore cultura (e non solo), tra insegnanti e genitori, tra insegnanti e studenti. Non si può delegare la lotta per la dignità.
2) Noi combattiamo per il cambiamento, non per la conservazione. Forse dopo qualche settimana di protesta da parte di un movimento guidato da una categoria di laureati e specializzati si potrebbe anche andare oltre a rivendicazioni che riguardano l’ «assunzioni per tutti i precari» e il «vogliamo salari dignitosi». Per carità, tutte cose giustissime, su cui non bisogna mollare di un millimetro. Il problema è che però stiamo difendendo la scuola, non solo i docenti e quindi bisogna partorire una proposta complessiva di riforma che affronti i problemi della scuola nel loro complesso.
La scuola così com’è non funziona, o funziona male non nascondiamocelo. È il momento di sognare e di progettare il futuro, non di chiudersi a riccio. Solo chi sa immaginare il domani può vincere. Non possiamo difendere l’esistente, né continuare a farci additare come conservatori e fannuloni. La scuola italiana va cambiata. O la cambiamo noi dal basso e in meglio o lo faranno dall’alto e in peggio.
3) Good morning Vietnam! Se il DDL scuola passerà così com’è, che facciamo? Ce ne torniamo depressi a farci i fatti nostri?
Ricordate che la scuola è nostra; sono i docenti, gli studenti, il personale ATA e i collaboratori alla didattica (ad esempio i lavoratori dei musei e delle biblioteche) a far funzionare l’istruzione, se si organizzano in modo capillare possono diventare una forza che nessuno può ignorare. Non pensate solo alle piazze e al voto, pensate alla vita quotidiana. Se si è solidali nella vita di tutti i giorni, se si è capaci di decidere insieme cosa fare o cosa non fare, di presentare insieme un progetto o di opporsi insieme alle scelte di un dirigente allora possono fare tutte le leggi che vogliono, con noi dovranno sempre fare i conti.
Se lo vogliamo possiamo trasformare la scuola in un Vietnam. In un luogo in cuoi il potere «dall’alto» è impantanato, incapace di imporre la sua volontà e costretto a mediare con un potere «dal basso» oppure a logorasi nello scontro con esso.
Crediamo sia necessario organizzarsi, trasformare la struttura della protesta di ora in una rete permanente di lotta. Si parte dal basso, nella propria scuola, con i colleghi che ci stanno e si fa un consiglio dei docenti in lotta. Non si pensa solo alla protesta, ci si scambiano pratiche didattiche, ci si aiuta, ci si spalleggia nei consigli, sui progetti. Insomma ci si dà una disciplina egualitaria e volontaria, ma proprio per questo infrangibile. Insieme di discute e poi insieme si lavora e si lotta. Così non si è più gregge, si diventa branco. E poi ci si collega con gli studenti, con i genitori, con altre categorie. Si diventa il nodo di una rete più vasta che si struttura sino a lanciare campagne nazionali. Non solo di protesta, ma anche elaborando proposte di cambiamento.
Certo bisogna organizzarsi, creare dei consigli dei lavoratori e degli studenti che lavorino sul serio a formulare proposte e riflessioni concrete per la scuola di domani (ad esempio questaquesta o questa). E poi bisogna iniziare a metterle in pratica, a scuola ci siamo noi e non abbiamo bisogno del permesso di nessuno per iniziare a cambiarla, almeno in piccola parte.
Tanto per cominciare occorre farla finita con l’individualismo che porta molti docenti a lavorare per conto proprio, come se fossero l’unico insegnate sul pianeta terra. Le buone pratiche didattiche vanno condivise, quelle sbagliate o superate accantonate. Questo non lo si può e non lo si deve fare per ordine dall’alto ma per una disciplina liberamente accettata che sorga da un rapporto paritario tra colleghi e compagni di lotta.E non prendiamoci in giro, come cantava Venditti, c’è anche
«Il professore che ti legge sempre la stessa storia
nello stesso modo, sullo stesso libro
con le stesse parole da quarant’anni di onesta professione»
Questo tipo di docente purtroppo esiste sul serio. Certo non serve colpevolizzarlo. In fondo lo stato lo seppellisce sotto cumuli di scartoffie burocratiche, gli versa un salario penoso o lo ha reso precario a vita, lo ha lasciato solo con classi sempre più ignoranti e indisciplinate, con genitori sempre più irrispettosi e cafoni. Ma lamentarsi e continuare il solito tran tran non è la soluzione. Bisogna uscire dal proprio isolamento che porta molti insegnanti all’apatia e alla vera e propria depressione. Non basta essere solidali in piazza, bisogna esserlo tutti i giorni a scuola. Bisogna lavorare davvero insieme, non solo nello stesso edificio. Occorre sostenersi, scambiarsi pratiche, strumenti e conoscenze. E occorre anche pretendere che tutti i colleghi agiscano secondo un livello minimo di decenza, dando ai ragazzi quella dedizione minima che spetta loro di diritto.Come sempre è l’esempio individuale la base di ogni cambiamento.
Inoltre perché non creare cooperative che si occupino di produrre materiali didattici e di tenere corsi di aggiornamento? Tanti docenti precari, tanti operatori museali «a chiamata» potrebbero trovarvi un’integrazione di reddito. È criminale chiamare a tenere corsi di aggiornamento sempre i soliti “noti” divulgatori ben pagati e magari in pensione, coccolati dalle amministrazioni pubbliche, mentre tanti giovani ben più preparati e capaci, che metodologie didattiche innovative le hanno sperimentate davvero, rischiano di non lavorare.
Iniziamo a concepirci come una collettività che sia in grado di coinvolgere quando occorre i genitori, gli studenti o altri lavoratori, come i bibliotecari o gli operatori museali. A proposito cari docenti, quanti di voi si sono mai preoccupati del lavoro gratuito o super precarizzato nel settore culturale? Vi siete mai rifiutate di entrare in un museo o in una galleria d’arte in cui il personale di guida e di custodia è composto da stagisti o da «volontari» non pagati come quelli di Expo? Centinaia di migliaia di giovani in questo paese, che come noi lavorano nel campo della produzione culturale sono precari e ridotti a ricatti lavorativi.
Pensiamo inoltre ai bibliotecari, al personale delle librerie o dell’editoria in generale, sottoposto a regimi di precarietà e sfruttamento sempre più pesanti. Per interesse e dovere professionale gli insegnanti dovrebbero essere i principali utenti di musei, biblioteche e librerie, non vi siete mai chiesti come vive chi li fa funzionare?
 VOLETE UN MODELLO PER L’AZIONE?
Lo ripetiamo si parte sempre dall’individuo: leggetevi «Il potere dei senza potere» di Vaclav Havel e prendete esempio dal fruttivendolo che nella Cecoslovacchia degli anni ’70 si rifiuta di mettere in vetrina gli slogan del regime e diventa un dissidente, cioè un uomo che rifiuta di avvallare le menzogne del potere.
Quando i dissidenti sono più d’uno allora si può cominciare ad organizzarsi. I docenti di storia si vadano a ripassare il funzionamento delle leghe bracciantilinella val padana di inizio ‘900 e lo spieghino ai colleghi (basta anche leggersi il romanzo «Il sol dell’Avvenire» di Valerio Evangelisti). Ci sono arrivati dei braccianti semi analfabeti ad organizzarsi e a conquistarsi dei diritti, possibile non ce la faccia gente che ha lauree e specializzazioni a bizzeffe?

giovedì 21 maggio 2015

Quarta fascia anche per COBASLID, PAS e TFA

In relazione alla recente istituzione in Provincia Autonoma di Trento della quarta fascia delle GPT  

SGST-Fenalt intende promuovere un'azione legale per ottenere che tale quarta fascia possa essere accessibile a tutti coloro che hanno conseguito (o stanno per conseguire) l'abilitazione dopo che le GPT erano state chiuse.

Come noto, infatti, la delibera del 12 maggio scorso limita il diritto all'inserimento in quarta fascia solo ad alcune categorie di abilitati e precisamente ai docenti che negli anni accademici 2009/2010, 2010/2011, 2011/2012, 2012/2013 e 2013/2014 hanno conseguito l’abilitazione all’insegnamento dopo aver frequentato:
a) i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID);
b) il secondo e il terzo anno di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale delle classi di concorso 31/A e 32/A e di strumento musicale nella scuola media della classe di concorso 77/A;
c) i corsi di laurea in scienze della formazione primaria. 

ATTENZIONE: i tempi sono strettissimi, (dato che i termini per l'iscrizione alla quarta fascia scadono il 15 giugno), per cui INVITIAMO tutti gli interessati alla vertenza a prendere immediatamente contatto con i nostri uffici per sottoscrivere la delega a diffidare e ricorrere contro la PAT.

La vertenza sarà patrocinata da Fenalt che sosterrà le spese dei ricorrenti. 

La mozione del CD del Maffei di Riva sul piano per Triliguismo




(riportiamo qui dal sito del Liceo Andrea Maffei di Riva del Garda)





Il collegio dei docenti del 19 maggio ha votato a maggioranza una mozione sul piano trilingue della PAT.
Questo il testo
 Con il presente documento i sottoscritti docenti del Liceo "Andrea Maffei" di Riva del Garda intendono presentare al Collegio Docenti dell'Istituto, come concordato dallo stesso il 17 marzo 2015, una mozione critica in relazione al merito e alle modalità di applicazione del "Piano Trentino Trilingue" e, più in generale, all'insegnamento secondo la metodologia CLIL.
Alle note di protesta fa seguito una proposta costruttiva.
Non manca la consapevolezza che questa riflessione sia un'altra voce che si aggiunge al coro di perplessità che diversi Istituti superiori e Comprensivi stanno sollevando, in un'estensione di toni la cui spontaneità dice di un comune e non orchestrato sentire, che sarebbe quanto meno incauto, per non dire arrogante da parte della Giunta provinciale trascurare.
Circa le modalità
Appaiono inaccettabili sia l'imperiosità, sia la tempistica con cui il "Piano Trilingue" intende calarsi nella realtà scolastica trentina.
L'imposizione del "Piano Trentino Trilingue" appare tanto più stupefacente in quanto la sua applicazione investe la ridefinizione della funzione docente, interessando quindi aspetti di materia contrattuale, che tuttavia non hanno visto il coinvolgimento delle parti sociali.
Non è stato previsto alcun compenso economico, ad eccezione dei finanziamenti straordinari derivanti dal FSE, a fronte di uno sforzo non convenzionale per i docenti disponibili ad insegnare con metodologia CLIL parte dei loro programmi didattici e/o che si sottopongono al corso di formazione di 125 ore (per la scuola secondaria di secondo grado). Lo stipendio medio di un docente laureato rimane inferiore al salario percepito da un operaio specializzato tedesco.
Circa l'oggetto
Entrando nel merito dell'insegnamento in metodologia CLIL, le obiezioni investono ambiti diversi: pedagogico, professionale, organizzativo.
I sottoscritti docenti sono perfettamente consapevoli che tale pratica didattica, forte di una malintesa interpretazione degli obiettivi europei per la cittadinanza, è stata fatta propria dalla riforma scolastica nazionale a firma Gelmini e probabilmente confermata dalla renziana "buona scuola". Per questo l'appello all'autonomia scolastica trentina sembra quanto mai opportuna, a patto di intenderla non monopolisticamente come Autonomia della Provincia, ma più democraticamente come autonomia didattica degli Istituti. Segue proposta di soluzioni alternative alla metodologia CLIL.
Del resto la Storia della Pedagogia insegna come si siano giustificate le pratiche didattiche più disparate. Non mancheranno all'insegnamento CLIL i suoi corifei.
Ma a noi docenti si lasci la libertà di considerazioni con il senno della Storia: essa insegna che il motore di trasformazione di una società da monolingue a bi- trilingue non è mai stata la scuola, ma il contesto storico-sociale; ogni forzatura in tal senso è destinata a produrre fallimenti.
Il progetto infatti di affidare prioritariamente al sistema scolastico l'allargamento delle competenze linguistiche comunitarie, perché, va rammentato, questo è il fine primario del CLIL, non l'innovazione metodologica dell'insegnamento delle discipline che si vorrebbe coinvolgere, nasce da un non mai superato atteggiamento mentale che vede la scuola investita di una responsabilità elettiva, se non esclusiva, di costituirsi ad agenzia formativa per ogni qualsivoglia cambiamento si intenda produrre nella società: se ciò è ammissibile per ciò che attiene all'eticità, appare invece esagerato sul piano dell'apprendimento delle lingue stranire. E' stato un difetto storico italiano quello della "scolasticità" dell'insegnamento delle lingue: esse hanno piuttosto bisogno di situazioni di realtà (lavorativa, di svago, di autentiche relazioni umane...) per essere apprese efficacemente. Ogni altro insegnamento rischia di presentarsi come addestramento, come un voler apprendere a nuotare stando fuori dall'acqua.
A ben considerare l'intenzione del Legislatore, sembra esserci piuttosto la volontà di assicurare certificazioni linguistiche che stanno alimentando, suo malgrado, un lucroso business, di cui le famiglie si assumono tutti i ragguardevoli costi e gli studenti solo gli incerti benefici, se, come si sta riscontrando, la spendibilità universitaria delle certificazioni linguistiche, da parte degli anche più accreditati enti certificatori, non è scontata.
Ma l'obiezione più potente verso la metodologia CLIL è di ordine didattico: non solo la metodologia CLIL resta di discutibile efficacia e sprovvista di evidenze scientifiche (che non siano il parere di tecnici, autorevoli nel loro parziale ambito), ma a fronte di un incerto risultato, di sicuro essa compromette l'apprendimento di discipline, che a livello liceale, costituiscono per uno studente, magari anche l'unica occasione della sua vita di rielaborare. Una scuola secondaria di secondo grado non può permettersi, per la sua specificità e costituzione, di inseguire mode e novità di per sé già accessibili e fruibili in modo più efficace e aggiornato attraverso altri canali e agenzie formative; non può permettersi di vedere ridimensionati i suoi obiettivi fondamentali, considerando che ha già subito un riduzione del monte ore di molte materie.
Del resto, come ha osservato il prof. Claudio Marazzini, presidente del'Accademia della Crusca, la perdurante "fuga dei cervelli", tutta italiana, non è stata consentita finora delle competenze in inglese dei nostri studenti, quanto da quelle disciplinari. Sarebbe penoso veder risolto il problema dell'esodo dei giovani togliendo la ragione della loro eccellenza nella preparazione culturale.
Va ricordato inoltre, a proposito di "trilinguismo", che una delle tre lingue in questione è quella italiana: la full immersion linguistica in cui vivono i giovani oggi non è garanzia di adeguato e ricco possesso della lingua italiana: non lo è mai stato (non si comprenderebbe la ragione dello studio della propria madrelingua a scuola, come ogni nazione fa) e tanto meno lo è oggigiorno, nella povertà espressiva che caratterizza il linguaggio giovanile praticato nei social media.
Lo si dica una volta per tutte: le discipline hanno un valore formativo che nessun contenuto mediato in una lingua che non sia quella madre può realizzare, non fosse altro per il fatto che molta parte del loro valore formativo passa attraverso la personalità dei docenti.
A quanti, tra politici e tecnocrati, sostengono che la ritrosia di fronte alla novità dell'insegnamento CLIL sia attribuibile alla pigrizia dei docenti e al loro tradizionalismo, va ricordato, non senza la profonda indignazione d'essere costante bersaglio di accuse e raramente oggetto di riconoscimento di meriti, l'enorme impegno professionale che in questi ultimi anni gli insegnanti hanno devoluto nell'aggiornamento di fronte alle incalzanti novità didattiche: dall'insegnamento per competenze all'applicazione delle nuove tecnologie alla didattica delle discipline.
Ultimo rilievo, di carattere tecnico-organizzativo, va riferito all'inquietante "albo CLIL": basti ricordare che una recente sentenza della Corte Costituzionale, in virtù dell'Art. 97 della Costituzione italiana, ha sancito l'incostituzionalità dell'assunzione in pubblici uffici di personale che non sia dotato di adeguati titoli, ottenuti per pubblici concorsi. Ogni stravolgimento dell'organico d'Istituto per far fronte alle esigenze imposte dall'insegnamento CLIL così concepito promette battaglie di ricorsi.
La proposta
In coerenza con quanto affermato sopra, si palesa la necessità di elaborare soluzioni alternative all'insegnamento CLIL, oltre al riesame dell'intero Piano Trentino Trilingue.
Ad ogni ulteriore considerazione va premesso che sono d'obbligo, in riforme di così ampia portata, la cautela circa i tempi e l'importanza del coinvolgimento in un aperto dibattito di tutte le parti interessate al processo formativo.
In particolare si chiede, in nome di una vera autonomia scolastica, che la Provincia si perituri di fissare gli obiettivi finali (che possono essere il traguardo di una certa certificazione linguistica di fine quinquennio per tutti gli studenti, o di una loro significativa percentuale), ma lasci ai singoli Istituti, in base alle reali risorse, gli strumenti e le modalità per raggiungere tali obiettivi.
Inoltre, in una più razionale distribuzione dei finanziamenti europei, si ritiene che la Provincia debba fornire alle famiglie in difficoltà economiche, dei bonus per sostenere i costi di certificazioni che siano davvero spendibili a livello nazionale e internazionale e/o dei fondi che consentano agli studenti di frequentare d'estate periodi presso famiglie, possibilmente in stages di volontariato, così da raggiungere una buona padronanza della lingua comunitaria, nella sua dimensione più quotidiana e veicolare.
Inoltre la proposta suggerisce di:
- fissare un massimo di monte ore (30?) in cui ciascuna classe del secondo biennio e della classe Quinta degli Istituti scolastici di secondo grado possa gestire a livello di Consiglio di Classe, con soluzioni modulari, l'impegno di una mediazione in una lingua comunitaria di parte dei propri contenuti disciplinari (es. lettura di documenti, testi, articoli di riviste scientifiche, film e documentari in lingua originale ecc.);
- consentire l'inclusione in tale conteggio anche di altre occasioni formative in lingua inglese e/o tedesca che non siano necessariamente lezioni in CLIL, quali spettacoli teatrali, visite d'istruzione e visite guidate, scambi con l'estero, stages ecc.
- contemplare l'assegnazione all'Istituto di un lettore con cattedra piena, così da consentire un'ora di conversazione settimanale in ogni corso per tutto l'anno scolastico, anziché pacchetti di ore come è pratica corrente.
- consentire raggruppamenti di classi anche in attività di approfondimento pomeridiano.

giovedì 14 maggio 2015

Quarta fascia: SGST-Fenalt e Antes promuovono una vertenza

COMUNICATO STAMPA:

Scuola/QUARTA FASCIA: I DIPLOMATI MAGISTRALI ANTE 2002 CHIEDONO LA MODIFICA DELLA DELIBERA

STATI GENERALI DELLA SCUOLA TRENTINA  FENALT e ANTES propongono una vertenza articolata



La Giunta provinciale, su proposta del Governatore e assessore all'istruzione, ha istituito nei giorni scorsi la quarta fascia delle graduatorie provinciali per titoli, già prevista dalla legge 5 sulla scuola. La nuova graduatoria è stata istituita per permettere a coloro che sono in possesso di un titolo abilitante acquisito successivamente all'ultima apertura delle graduatorie, di essere inseriti in una nuova fascia, che si aggiunge alle 3 già esistenti, aggiornate l'ultima volta nel corso del 2013 in seguito alla loro trasformazione a tempo indeterminato.

SGST-Fenalt e Antes contestano la logica (ci spieghi poi il Governatore, quale logica) con cui da un lato si riconosce giustamente il diritto di alcune categorie di precari ad essere inseriti in graduatoria ma dall’altro, contemporaneamente, si nega l'identico diritto di altre categorie, per esempio di coloro che hanno completato o stanno completando in questi mesi i percorsi abilitanti (PAS e TFA) voluti e istituiti dall’Amministrazione stessa.

Emblematico il caso dei i diplomati magistrali ante 2002, in possesso di un titolo  che una recente sentenza definitiva del Consiglio di Stato ha riconosciuto abilitante a tutti gli effetti e che invece in tutti questi anni non è stato riconosciuto dal ministero e dalla PAT come utile all’inserimento nelle graduatorie.

La gravità del passaggio è sancita dal fatto che le graduatorie provinciali per titoli così integrate saranno utilizzate dall'anno 2015/2016 sia per le assunzioni a tempo indeterminato sia per il conferimento di incarichi annuali e supplenze temporanee e quindi essere inseriti o meno in quelle graduatorie segna la differenza tra chi potrà continuare a svolgere questo lavoro e chi no.


In seguito alla sentenza del C.d.S.. Stati generali FENALT e ANTES hanno promosso una vertenza per il riconoscimento immeditato del titolo magistrale e la conseguente integrazione delle graduatorie e a questo punto diffidano la Giunta Provinciale a modificare in autotutela la delibera del 12 maggio, inserendo a tutti gli effetti anche gli insegnanti in possesso di abilitazioni magistrali ante 2002: per questo è urgente che tutti gli insegnanti interessati alla vertenza si attivino per sottoscrivere la delega a diffidare e ricorrere contro la PAT presso gli uffici della FENALT a Trento nord.

La vertenza e gli eventuali ricorsi saranno seguiti dall'avv. Maria Cristina Osele con il patrocinio di Fenalt che sosterrà le spese dei ricorrenti. I tempi sono stretti e quindi invitiamo gli interessati ad attivarsi immediatamente.


Il Segretario Generale Fenalt
Maurizio Valentinotti

martedì 12 maggio 2015

quarta fascia

COMUNICATO nr. 1068 del 12/05/15 12.18

L'iscrizione avviene on-line attraverso la piattaforma ministeriale Polis
SCUOLA: ISTITUITA UNA NUOVA FASCIA DELLE GRADUATORIE PROVINCIALI PER TITOLI
Via libera oggi dalla Giunta provinciale, su proposta del governatore e assessore all'istruzione, alla quarta fascia delle graduatorie provinciali per titoli, già prevista dalla legge 5 sulla scuola. La nuova graduatoria è stata istituita per permettere a coloro che sono in possesso di un titolo abilitante acquisito successivamente all'ultima apertura delle graduatorie, di essere inseriti in una nuova fascia, che si aggiunge alle 3 già esistenti, aggiornate l'ultima volta nel corso del 2013 in seguito alla loro trasformazione a tempo indeterminato.
L'apertura di questa nuova graduatoria riguarderà coloro che hanno ottenuto l'abilitazione negli anni accademici che vanno dal 2009/2010 al 2013/2014 a seguito della frequenza di specifici percorsi, ovvero:
- laurea in scienza della formazione primaria che abilita all'insegnamento presso la scuola primaria;
- corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico che abilitano all'insegnamento delle materie artistiche;
- il secondo e il terzo anno di secondo livello che abilitano all'insegnamento dell'educazione musicale, compreso l'insegnamento di uno strumento.
Si procederà con un'unica apertura dei termini per la presentazione delle domande comprendendo gli anni scolastici 2014/2015 e 2015/2016. La domanda dovrà essere inoltrata esclusivamente on-line attraverso la piattaforma informatica ministeriale - Polis (archivio.pubblica.istruzione.it/istanzeonline/) da cui sarà trasmessa al Servizio per il reclutamento, la gestione del personale della scuola e le relazioni sindacali della Provincia.
Le graduatorie provinciali per titoli così integrate saranno utilizzate dall'anno 2015/2016 sia per le assunzioni a tempo indeterminato sia per il conferimento di incarichi annuali e supplenze temporanee.

SGST avvia ricorso per i diplomati magistrali ante 2001/2002





Care maestre e cari maestri,


come sapete, la recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 1973/2015 del 16.04.2015) ha aperto scenari del tutto nuovi per i diplomati magistrali ante 2001/02 , ma attorno a questa sentenza si è generata anche una grande confusione che ha moltiplicato illusioni e iniziative completamente infondate.

Chiariamo innanzitutto che la sentenza del Consiglio di Stato riguarda esclusivamente i ricorrenti, cioè quei colleghi che nell’ambito dei termini di legge hanno adito ricorso al TAR, impugnando delibere e graduatorie.

Quei termini sono scaduti sia a livello nazionale e sia in Trentino: questo rende impossibile oggi avviare lo stesso tipo di ricorso.

Tuttavia, quella stessa sentenza stabilisce anche - in modo inequivocabile e inappellabile - che i diplomati magistrali ante 2001/2002 sono in possesso di titolo abilitante e che, perciò, le amministrazioni che non lo hanno considerato tale, sono incorse in errore grave.

Gli Stati Generali della Scuola Trentina con l'ausilio dell’Avvocato Maria Cristina Osele, sulla base di un’attenta valutazione delle circostanze, intendono dunque avviare una procedura collettiva finalizzata alla immissione in graduatoria dei diplomati magistrali ante 2001/02.

Invitiamo tutte/i le/gli interessate/i ad aderire a mettersi in contatto IMMEDIATAMENTE (e comunque entro il 20 maggio 2015) con la segreteria Fenalt allo 0461 402141
La procedura sarà completamente gratuita per gli iscritti e coloro che si iscriveranno agli Stati Generali della Scuola Trentina - Fenalt. 

Un’assemblea sarà convocata nei prossimi giorni.

Per info scuolatrentina.blogspot.com



domenica 10 maggio 2015

Ecco perché e come dire NO ai test INVALSI


Proviamo a fare chiarezza sui motivi per cui riteniamo giusto rifiutare la logica, la teoria e la pratica dei test INVALSI.

Dei test invalsi non condividiamo innanzitutto l'impostazione culturale che ispira i test, e quindi il fondamento politico ed ideologico del loro progetto didattico: si basano su domande illegittime (come le definiva von Foerster), cioè domande che prevedono una sola risposta, e di cui si conosce già la riposta: quindi hanno lo scopo di verificare la prevedibilità e la programmabilità del comportamento dell'allievo e tendono a banalizzare i contenuti ed anche le modalità dell'apprendimento; nello svolgimento del quiz viene esclusa ogni possibilità di deviazione creativa e di interpretazione critica, nè è possibile evidenziare l'aspetto problematico delle situazioni. 
Il tipo di attitudine che viene valorizzato e sollecitato è quello di tipo classificatorio, nozionistico e formalistico, con lo scopo di preparare diligenti esecutori materiali, non cittadini coscienti o fantasiosi, liberi. Allora non vediamo perché dobbiamo essere costretti a partecipare a pratiche di standardizzazione delle verifiche e delle valutazioni nelle quali non ci riconosciamo.

Ma è solo per due giorni...
E' molto  rischioso anche il discorso di chi ci invita ad accettare comunque queste due giornate di sofferenza, visto che, tanto per il resto dell'anno scolastico restiamo padroni di organizzare la nostra didattica come vogliamo: proprio le esperienze recenti ci dimostrano che le consuetudini, una volta consolidate dalla pratica frequente, si trasformano facilmente in norme giuridiche e tali quindi da incidere in maniera sostanziale sull'attività didattica. Insomma il rischio è quello di vedersi imposta una programmazione finalizzata allo svolgimento del quiz (magari anche come prova dell'esame di stato), secondo l'orientamento che già è possibile verificare in alcuni libri di testo.

Non c'è alternativa?
Per lo stesso motivo non va assecondata la provocazione di chi ci chiede un'alternativa a questa modalità di verifica generale dei livelli di apprendimento: non ci deve essere nessuna valutazione universale da proporre e questo va visto come un valore piuttosto che come un limite. Ci sono aspetti formativi, oltre alla memoria e all'attenzione, che fortunatamente non possono essere misurati con criteri universalmente omogenei; si tratta, solo per fare qualche esempio, del pensiero critico nella riflessione e contestualizzazione, dell'attitudine al confronto dialettico, della disponibilità alla collaborazione, del rapporto con il proprio vissuto. Questi aspetti sono legati alla specificità del contesto e alla situazione personale dell'alunno e costituiscono la ricchezza e la varietà dell'esperienza educativa e non possono essere costretti in una griglia di valutazione universalmente valida o misurati con un lettore ottico come il codice a barre di una lattina di pomodori. Sarebbe invece preoccupante una popolazione scolastica nazionale o continentale o mondiale tutta catalogabile e quindi controllabile in base agli stessi criteri. 
Il rischio della partecipazione ad un sistema generale di valutazione, cioè, è proprio quello di contribuire, anche con una pratica di piccoli passi, ad un processo di omologazione e semplificazione delle coscienze.
Insomma qui non abbiamo semplicemente a che fare con Mike Bongiorno o con Jerry Scotti, questo non è intrattenimento, questo è l'Invalsi e sta organizzando il futuro nostro e dei nostri alunni.

Che fare allora? 
Innanzitutto ribellarsi, esprimere il dissenso e i motivi del disaccordo, non solo a dirigenti (loro i motivi li conoscono già), ma anche agli alunni e ai genitori che sono coinvolti come noi in questa situazione e danneggiati come noi da questo progetto culturale.
Poi è importante tener conto del fatto che la partecipazione alle rilevazioni invalsi non è obbligatoria nè per gli studenti nè per i docenti.

Negli ordini di servizio (e a volte anche sulla stampa) si fa riferimento in particolare all'art.51 comma 2 della Legge 53/2012, in base alla quale "le rilevazioni nazionali dell'apprendimento degli studenti ex L.174/2007 rientrano nell'attività ordinaria d'istituto", ma da questo non può derivare un obbligo di servizio: sono "attività ordinarie d'istituto" anche i viaggi d'istruzione a cui comunque non sono obbligati a partecipare i docenti che non ne abbiano espresso la disponibilità. 
D'altra parte, la Legge delega n° 53/2003 e il D.Lgs. n° 59/2004 e il CCNL Scuola non prevedono in alcun modo l’obbligo per il personale docente di somministrare i Test Invalsi (che non rientrano né nella funzione docente né tra altri obblighi di servizio) né prevedono che l’Invalsi possa utilizzare i docenti per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali. 

Al contrario, la possibilità per i docenti di rifiutare la partecipazione ad attività didattiche che non condividono è tutelata anche dall'art. 117 della Costituzione sull'autonomia delle istituzioni scolastiche e dall'art. 33 sulla libertà di insegnamento. 

Quindi all'ordine di servizio ci si può opporre con un “atto di rimostranza”, motivato per scritto (dovrei averne un modello da qualche parte nel mio computer, se può servire).

Comunque, anche se non si vuole arrivare ad un contenzioso di questo tipo, quest'anno la possibilità di non partecipare ai test invalsi è garantita dagli scioperi proclamati dai sindacati autonomi: 
1) Resta valido lo sciopero dell'intera giornata del 12 maggio proclamato dai COBAS e, 
2) per eventuali collocazioni in altre giornate (o per evitare un'altra intera e costosa giornata di sciopero), è possibile aderire allo “sciopero breve delle attività aggiuntive” indetto dai USB, in base al quale ci si può rifiutare di somministrare i quiz, comunicando l'adesione allo “sciopero breve di mansione”, o di correggerli, comunicando l'adesione allo “sciopero breve delle attività aggiuntive legate alla correzione”. 
Entrambe le modalità di sciopero breve sono state confermate dalla nota MIUR del 5 maggio, quindi sono legittime e praticabili, stando a quanto comunicato dallo stesso CUB sul sito.

Questo per quanto riguarda l'anno in corso e quindi i prossimi giorni. 
Per l'anno prossimo forse, verificando quanti di noi condividono lo stesso dissenso, è possibile organizzare da prima le modalità di opposizione contro i test (magari cercando di escluderle dal piano dell'offerta formativa) e le possibilità di collaborazione e di confronto con studenti e genitori. Intanto speriamo che, nell'immediato, i quiz gli vadano il peggio possibile.

Antonio Carapella